mercoledì 20 aprile 2011

Ai Capi e alle Capo Scout : non abbiate paura!




Di Monsignor Benoît Rivière, Vescovo di Autun, lupetto, (rangers, pionnier, e poi capo rangers per 6 anni degli Scouts de France)

(Traduzione dal francese di Lucia Egua, dal sito web “ma vocation.org” http://www.mavocation.org/actualite-eglise-catholique-paris/evenements-passes-du-diocese/aux-chefs-et-aux-cheftaines/)


Hai scelto di donarti gratuitamente per aiutare i più piccoli a crescere nello scautismo.
Hai scoperto che i ragazzi e le ragazze che i genitori ti affidano, proiettano delle volte su di te e sull’associazione della quale fai parte, sacerdoti compresi, uno sguardo di ammirazione e cercano di imitarti.

La communion © esprit-photo.com - 100 ans du scoutismeNon avere paura! Puoi essere un esempio per i più piccoli, nonostante le tue debolezze; i giovani hanno fiducia in te e in te vedono l’adulto che vorrebbero diventare. Pensa a Giovanni Battista e non crederti il Messia! Non devi far mai arrestare il loro sguardo su di te, ma devi far scoprire ai giovani Cristo.

Come Capo, non cercare di farti servire e di essere elogiato. Piuttosto devi voler servire, che significa essere utile a coloro che sono sotto la tua responsabilità di Capo Scout.
Conosci il metodo scout,
che è un cammino evangelico di progressione e d’impegno.
Anche tu devi vivere secondo i grandi principi dello scautismo. Ma quali sono le grandi intuizioni del fondatore dello scautismo, sulle quali puoi far affidamento nel tuo servizio ai più piccoli, facendo, allo stesso tempo, nascere la loro vocazione personale?

Gli aspetti dello scautismo che mi sembrano particolarmente adatti a far nascere nei ragazzi la vocazione e a fornire loro una prima risposta, sono tre. Con dei metodi pedagogici appropriati per ciascuna età, lo scautismo stimola e sviluppa nei bambini e negli adolescenti, la capacità di osservazione e di ascolto. L’osservazione attenta della realtà della natura e l’ascolto attivo di quello che viene chiesto, sono delle qualità importanti per lo sviluppo armonioso della libertà. Come si può rispondere un vero “sì” senza una presenza riconciliante con se stessi e con gli altri?

Un secondo aspetto è l’importanza delle responsabilità affidata in ogni tappa della progressione personale scout. Dal lupetto all’esploratore fino ad arrivare al rover, dalla coccinella alla guida, ogni ragazzo e ogni ragazza si vede affidata una responsabilità proporzionata alla sua età, rivolta in particolare ai più piccoli. E quando un ragazzo diventa il fratello o la sorella maggiore di una altro ragazzo, succede questo: egli scopre il germoglio di quella che sarà più tardi la paternità o la maternità, compresa quella spirituale. Perché il Capo o la Capo Squadriglia, l’Assistente, il Capo o la Capo Scout non si impegnano soltanto con le loro azioni o con le loro parole autorevoli a far crescere gli altri nelle loro attitudini specifiche a conoscere e a giocare; si tratta anche di un allenamento nella fede quando, per esempio, propongono un momento di preghiera o di riflessione.

Fin da piccoli, nello scautismo, si impara a servire gli altri in tutte le dimensioni della loro personalità creata a immagine e somiglianza di Dio.

Infine bisogna ricordare il terzo aspetto: l’ambiente dello scautismo.

Si tratta di un ambiente educativo integrale della persona umana. È un mezzo che favorisce e genera degli scambi veri nei quali, come dicono i ragazzi, “non ci si mette dei problemi (non ci si arrovella)”. Quante discussioni semplici e vere si sono sviluppate durante la strada, durante il tempo libero o la sera attorno al fuoco! Mi ricordo, durante un campo estivo a Corrèze, di essermi confidato con l’assistente scout del clan 89 esimo di Parigi esprimendoli il mio desiderio di diventare sacerdote. Tu che sei Capo, fai in modo che il dialogo con i ragazzi venga riportato dalla vita scout su un piano concreto, in modo che non restino soltanto parole in aria, ma che si instauri un dialogo vero e responsabile che fa assumere in maniera progressiva al bambino già la libertà dell’adulto.

martedì 19 aprile 2011

LA LEGGENDA DEL BAMBU’

C’era una volta un bellissimo e meraviglioso giardino. Era situato a ovest del paese, in mezzo al grande regno. Il Signore di questo giardino aveva l’abitudine di farvi una passeggiata ogni giorno, quando il caldo della giornata era più forte.
C’era in questo giardino un bambù di aspetto nobile. Era il più bello di tutti gli alberi del giardino e il Signore amava questo bambù più di tutte le altre piante. Anno dopo anno, questo bambù cresceva e diventava sempre più bello e più grazioso. Il bambù sapeva bene che il Signore lo amava e ne godeva.
Un bel giorno il Signore si avvicinò al suo albero amato e l’albero, in grande venerazione, chinò la sua testa: Il Signore gli disse: “Caro bambù, ho bisogno di te”. Sembrò al bambù che fosse venuto il giorno di tutti i giorno, il giorno per cui era nato. Con grande gioia ma a bassa voce il bambù rispose: “Oh Signore, sono pronto: Fa di me l’uso che vuoi!”.
“Bambù – la voce del Signore era addolorata – per usarti devo abbatterti”; il bambù fu spaventato, molto spaventato: “Abbattere me, Signore, che hai fatto diventare il più bel albero di tutto il giardino? No, per favore, no! Usami per la tua gioia, Signore, ma, per favore, non abbattermi”:
“Mio caro bambù – disse il Signore, e la sua voce era più triste – se non posso abbatterti, non posso usarti”.
Nel giardino ci fu allora un grande silenzio. Il vento non tirava più, gli uccelli non cantavano più. Lentamente, molto lentamente, il bambù chinò ancora di più la sua testa meravigliosa. Poi sussurrò: “Signore, se non puoi usarmi senza abbattermi, fa di me quello che vuoi e abbattimi”.
“Mio caro bambù – disse di nuovo il Signore – non devo solo abbatterti, ma anche tagliarti le foglie ed i rami”. “Oh Signore – disse il bambù – non farmi questo: lasciami almeno le foglie e i miei rami”. “Se non posso tagliarli, non posso usarti”.
Allora il sole si nascose e gli uccelli ansiosi volarono via, il bambù tremò e disse, appena udibile: “Signore, tagliali!”
“Mio caro bambù, devo farti ancora di più. Devo spaccarti in due e strapparti il cuore. Se non posso farti questo non posso usarti”. Il bambù non poté più parlare. Si chinò a terra.
Così il Signore del giardino abbatté il bambù, taglio i rami, levò le foglie, lo spaccò in due e ne estirpò il cuore. Poi portò il bambù alla fonte di acqua fresca vicino ai suoi campi inariditi. Là, delicatamente, il Signore dispose l’amato bambù a terra: un’estremità del tronco la collegò alla fonte; l’altra la diresse verso il campo arido. La fonte dava acqua, l’acqua si riversava sul campo che aveva tanto aspettato. Poi fu piantato il riso, i giorni passarono, la semenza crebbe e il tempo della raccolta venne.
Così il meraviglioso bambù divenne realmente una grande benedizione in tutta la sua povertà e umiltà.
Quando era ancora grande e bello e grazioso, viveva e cresceva soltanto per se stesso e amava la propria bellezza. Al contrario ora, nella sua condizione di povertà, era divenuto un canale, che il Signore usava per rendere fecondo il suo regno.