venerdì 10 dicembre 2010

Perché essere Capi


da Estote Parati, (rivista dei capi ASCI) 1958, n.25 (*)


Responsabilità di esserlo

di Mario Quintiliani

La coerenza che deve essere una delle qualità specifiche dell’Uomo,la prima edizione de "il Libro dei Capi" di B.-P. impone a colui che si impegna in una missione o segue una vocazione, di proporsi la do­manda fondamentale che scaturisce dalla sua scelta.

Nel caso dell’uomo che si dedica all’educazione dei ragazzi per mezzo dell’integrale applicazione del Metodo scout, la domanda è di ragione assoluta.

Perché essere Capi e, in particolare, perché Capi Riparto?

Per chi da molti anni si interessa alla formazione dei ragazzi attraverso lo scautismo, la domanda non è nuova. Sicuramente, in altre circostanze, nei mo­menti in cui, accantonando i sogni e le fantasie della prima giovinezza, abbiamo orientato la nostra vita futura, nel porci domande analoghe, abbiamo giustificato a noi stessi il tempo usato ed il lavoro fatto per essere Scout-Master.

L’essere entrati nel Grande Gioco ed aver vissuto le belle avventure all’aria aperta durante la nostra adolescenza, ha indubbiamente favorito il nascere spon­taneo del desiderio di continuare nella vita scout attivamente; e quando l’entu­siasmo ha dovuto cedere all’attenta riflessione e da ragazzi siamo divenuti giovani, allora abbiamo scelto di SERVIRE.

Non la sete del comando, non la vanagloria di distintivi e decorazioni, foto Scouts d'Europanon l’ambizione personale; ma l’aspirazione di guidare altri ragazzi sui sentieri trac­ciati da Baden - Powell ci ha deciso ai primi esperimenti, a fianco di Capi che abbiamo ammirato con la naturale e genuina mentalità di ragazzi qualunque che avevano trovato il loro «eroe».

Tentativi e ricerche, successi ed insuccessi, esperienze nuove, letture, corsi capi, campi scuola e l’azione formativa costante esercitata su di noi dalla «fun­zione» e dalla «responsabilità» di Capi, hanno fatto germogliare lentamente il significato vero e la risposta esatta all’interrogativo che, con il passare del tem­po, andavamo ponendoci sempre con maggiore urgenza.

Ed ecco finalmente la chiarezza!

Nel silenzio raccolto del ritiro spirituale, mentre il pensiero si astrae dalla materia che è in noi e che ci circonda il cuore, questo muscolo, prezioso motore di vita che descrive concretamente, anche nell’essere più simile ad una fredda calcolatrice, le variazioni del nostro modo di sentire, dà un tonfo: nella pre­ghiera a Dio abbiamo trovato la risposta.

Siamo Capi per servire Iddio nei ragazzi

Questo pensiero domina la nostra azione che si estrinseca nel formarli ed educarli per mezzo dello Scautismo.

Siamo Capi per essere apostoli, per collaborare con la Chiesa alla edifica­zione delle anime nel campo specifico del nostro apostolato.

Siamo Capi per servire la Patria, nel preparare individualmente, attraverso una scuola di responsabilità e di autodisciplina, gli elementi della futura società nazionale.

Siamo Capi per educare i nostri ragazzi al servizio del prossimo e per ser­virlo noi stessi, direttamente ed indirettamente attraverso di essi, allenandoli ad un giuoco di osservazione e deduzione affinché siano vigili, attenti e pronti a prevenirne le necessità.

Infine siamo Capi nella Branca Esploratori per cosciente stima del Metodo, per aver valutato le nostre possibilità e capacità relativamente alle altre due Branche, per onestà di formazione, per adattabilità alla mentalità ed alla psi­cologia particolare dei ragazzi nella età dai 12 ai 17disegno di P.Joubert anni.

Vivere la Legge. E’ questa la prima condizione per essere Scout-Master.

Il Capo è un adulto che affianca il ragazzo e lo accompagna sul sentiero dello Scautismo, ne plasma il carattere, la volontà e le altre qualità morali e fisiche, ne indirizza a buon fine gli stessi difetti, e in collaborazione con il ra­gazzo stesso.

Egli deve servire Dio, la Patria, il Prossimo e vivere la Legge scout perché è a lui che il ragazzo guarderà con ammirazione, elevandolo, nella sua fantasia, al rango di «eroe» e imitandolo.

L’esempio che egli darà svolgerà una funzione determinante nella formazione ed educazione del ragazzo scout.

Grande è la responsabilità assunta dal Capo nello scautismo; ma altrettanto sublime è la nobiltà della sua missione.

L’educazione è attributo precipuo della paternità e il Capo scout che si viene ad inserire nella funzione educativa propria dei genitori, deve essere altamente cosciente dei suoi «doveri».

La Chiesa, maestra degli insegnamenti di Cristo, affianca allo Scout-Master, nello scautismo cattolico, il Sacerdote, Assistente Ecclesiastico, coordinando la azione Capo-Assistente con legami strettissimi. Il Capo diviene quindi strumento attivo per la formazione spirituale del ragazzo.

Per cui quello che viene definito alcune volte il bel «mestiere» del Capo, nel senso dell’opera artigiana del modellare, assurge al grado di missione nobile di apostolato e di educazione poiché il Capo si innesta nei due organismi predo­minanti nella vita dell’uomo.

Rendere migliori I ragazzi aiutandoli a vivere la Legge; rendere migliore la società immettendovi dei leali ed onesti cittadini, pronti e preparati a servire; costruire delle coscienze e temprare gli spiriti ed i corpi alle prove della vita, per innalzare, su di una solida base umana, quei templi della Santissima Trinità che sono le anime; ecco quali sono gli scopi dell’opera del Capo che fanno in­travedere la nobiltà della sua missione e le sue responsabilità.

* * *

Proprio perché nello scautismo essere Capo è una missione; proprio per­ché questa missione è altamente nobile, il Capo deve rendersi degno del ruolo al quale il Signore lo ha chiamato e al quale egli ha liberamente aderito.

Più di qualsiasi altro educatore lo Scout-Master deve concentrare ogni sua forza nella sua formazione e nella sua preparazione.

Sul piano spirituale, egli avrà una vera vita di pietà e sarà Capo con umiltà di cuore.

Sul piano morale, le virtù naturali della Legge scout e la fierezza del suo scautismo vissuto lo faranno degno della sua missione. Rep. Guide "Dama del Lago"

Affondando le radici del suo geniale metodo nella psicologia del ragazzo adolescente, B.-P. ha fatto germinare quelle piante rigogliose di frutti che sono i mezzi pratici della tecnica scout. E quindi oltre ad una adeguata preparazione sul piano pedagogico (poiché egli come educatore deve conoscere la psicologia e la fisiologia del ragazzo), oltre al Metodo, il Capo deve essere maestro sul piano tecnico dovendo affrontare un giudice ben severo: il ragazzo stesso.

La preghiera costante, fiduciosa e generosa gli darà la forza per compiere il dovere di educatore che si è imposto.

L’assiduità ai Sacramenti gli permetterà di aumentare quella Grazia di cui il Signore gli sarà largo per la fecondità della sua opera.

La confidenza con il suo Assistente Ecclesiastico e con il suo Direttore Spi­rituale, gli consentirà di penetrare con la sua azione le anime dei suoi ragazzi per travasarvi quei tesori spirituali che egli avrà accumulato e che sgorgheranno da lui, unito con Dio, senza fine.

Sono in definitiva queste le condizioni essenziali per poter essere Capo nello scautismo cattolico e senza dl queste o si costruirà sulla sabbia o si distruggerà

Mario Quintiliani

(*) Titolo originario: "Perché essere capi riparto. Responsabilità di esserlo". Nel riproporre questo articolo apparso sulla rivista dei capi dell'ASCI (Associazione scouts cattolici italiani, 1916 - 1974), nel titolo si è preferita l'indicazione generica di capi, piuttosto che quella di capi riparto, in quanto le utili riflessioni ci paiono opportune per tutti coloro che sono capi nello scautismo, al di là delle specifiche branche.


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